In bici, in moto, alcuni addirittura in auto. I cosiddetti rider ormai sono famosi, l’esercito dei lavoratori addetti alle consegne del cibo in tutte le maggiori città italiane dovrebbe salutare il 2020 appena terminato perché, anche sotto la pressione di importanti sentenze in vari tribunali, è arrivata finalmente la sottoscrizione di un loro contratto nazionale di lavoro, siglato a settembre tra UGL e Assodelivery, che riunisce quasi tutti i più importanti marchi del settore.
Un successo, verrebbe da dire, ma le cose non sono esattamente così, tanto che Cgil, Cisl e Uil hanno criticato duramente l’accordo. Del resto il CCNL continua a legittimare i rider come partite iva e non come dipendenti. Con buona pace di tante sentenze civili. Giuseppe Di Maggio è proprio un di questi rider che a dicembre si è fatto due conti su come funziona l’accordo molto contestato.
Come può accadere una così ampia distanza? I fattori sono tanti. A esempio, il contratto fa riferimento al tempo effettivo di trasporto, il tempo per arrivare dal ristoratore, le relative attese perché l’ordine non è pronto è tutto tempo buttato via. Per il rider ovviamente e gli 11 euro/ora sono già così un miraggio. Come se non bastasse i tempi di trasporto non sono neanche quelli reali ma quelli stabiliti dalle aziende in base a proprie tabelle. Che manco a dirlo sono nettamente inferiori ai tempi reali.
Per avere un’altra idea dei limiti del CCNL siglato da UGL e Assodelivery basta andare a vedere la voce “indennità per maltempo”
Per questo e altri motivi i sindacati Cgil, Cisl e Uil hanno scelto di criticare con forza l’intesa, come spiega Vincenzo Cesare, segretario Uil Milano e Lombardia in questa intervista